Marzo 17, 2020

Perdita dell’udito e declino cognitivo

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La perdita dell’udito, come noto, è un disturbo molto comune nella popolazione anziana. Dopo i 65 anni ne soffre una persona su tre. Meno conosciuta è invece la sua relazione con il deterioramento delle capacità cognitive

 

Secondo diversi studi la perdita dell’udito nelle sue forme più acute può aumentare da 3 fino a 5 volte la probabilità di sviluppare deficit cognitivi o aggravare un problema neurodegenerativo già presente nella persona anziana, come ad esempio l’Alzheimer

 

Come si spiega questa relazione? Quali sono gli approcci per prevenire il decadimento cognitivo connesso alla perdita dell’udito? Quali sono i fattori di rischio e come intervenire? In questo articolo proveremo a rispondere a queste e altre domande sulla relazione tra perdita dell’udito e declino cognitivo

 

Perché il declino cognitivo può essere associato alla perdita dell’udito (e viceversa)? 

 

Nella letteratura scientifica esistono moltissimi studi che dimostrano la correlazione tra i due fenomeni, mentre non è stata ancora accertata la sua eziologia, cioè la causa. 

 

Sappiamo però che l’esposizione al suono (che sia anche solo il suono di una parola) attiva quella parte del nostro cervello, la corteccia uditiva, adibita a ricevere ed elaborare il suono, situata nel lobo temporale responsabile della comprensione degli stimoli uditivi. Questa funzione è cruciale per l’apprendimento e lo sviluppo sano delle funzioni cognitive. 

 

Lo stimolo uditivo “accende”, oltre alla corteccia uditiva anche diverse aree cerebrali stimolando molte funzioni del nostro cervello.

 

Questa connessione spiega, almeno in parte, perché la perdita dell’udito potrebbe accelerare il declino cognitivo. Già alla fine degli anni ‘80 si evidenziò che la natura di questa relazione è proporzionale, ossia maggiore è il livello di ipoacusia, più elevato è il rischio di sviluppare un deterioramento cognitivo. 

 

Ma non solo. Molti altri studi scientifici hanno dimostrato anche la correlazione inversa. Cioè che il deterioramento delle funzioni cognitive (dovute a cause indipendenti dalla perdita dell’udito e correlato all’età) a sua volta può facilitare la comparsa di un deficit uditivo.

 

Questi studi confermano in definitiva l’esistenza di un legame molto stretto e bidirezionale tra udito e cervello

 

Sono state inoltre postulate tre teorie che cercano di spiegare la correlazione tra perdita dell’udito e declino cognitivo: 

 

  • Teoria del carico cognitivo, secondo cui l’ipoacusia (perdita dell’udito) mette sotto sforzo il cervello durante l’elaborazione dello stimolo uditivo riducendo le risorse cognitive disponibili per svolgere altri compiti. 
  • Teoria dell’isolamento sociale individua come fattore di rischio per la perdita delle funzioni cognitive la solitudine, conseguenza molto diffusa tra chi soffre di ipoacusia. 
  • Teoria della causa comune. Alcuni studiosi sostengono che alla base di entrambi i disturbi potrebbe agire una stessa patologia, come ad esempio il diabete o un danno vascolare, che con tempi e modalità differenti colpisce sia la funzione uditiva che quella cognitiva. 

 

 

Come si può prevenire o ridurre il decadimento cognitivo connesso alla perdita dell’udito?

 

La combinazione tra età avanzata, ipoacusia e declino cognitivo può portare a forme di grave demenza in un terzo dei soggetti che supera i 70 anni. E’ dunque importante per questi soggetti mettere in atto in modo tempestivo interventi sia di prevenzione che riabilitativi

 

Per prevenire il deterioramento cognitivo connesso ad un disturbo uditivo bisogna innanzitutto riuscire a valutare i fattori di rischio interni o esterni alla persona, quindi considerare i casi pregressi in famiglia, sapere se sussistono fattori ereditari e genetici, valutare il contesto socio-familiare e sottoporsi a un test dell’udito.  

 

Si stima infatti che rallentare anche solo di un anno l’evoluzione del quadro clinico dell’ipoacusia porterebbe a una riduzione del 10% l’insorgenza del declino cognitivo nella popolazione. 

 

Trattandosi inoltre di un fenomeno che tocca diversi aspetti, non solo quelli clinici ma anche sociali, economici e di welfare, per prevenire il verificarsi dell’associazione tra disturbo e declino cognitivo è importante lo sviluppo di una rete di soggetti attorno al paziente (familiari, care givers, medico di base, specialisti clinici e altre figure sanitarie) capaci di rilevare eventuali criticità e intervenire di conseguenza. 

 

Riguardo alla riabilitazione, non essendo ancora del tutto nota l’origine della correlazione, non è possibile indicare con certezza una terapia che agisca su un disturbo dell’udito già in essere per curare anche il declino cognitivo. Tuttavia non si possono negare i benefici derivanti dall’impiego degli apparecchi acustici o dell’impianto cocleare nel contrastare o ritardare l’insorgere di deficit cognitivi.

 

La riabilitazione uditiva è un intervento essenziale nel diminuire il rischio di demenza nella terza età, ma è un fattore che va inserito in un approccio più ampio, olistico (cioè che prende in considerazione l’organismo umano nella sua totalità) e multidisciplinare mirato a coinvolgere in modo ripetuto e costante il paziente con declino cognitivo e delle persone a lui vicine. 

 

Infine, le soluzioni per tornare a sentire bene sono cruciali non solo per garantire una buona qualità della vita ma anche per salvaguardare le funzioni cognitive del nostro cervello. 

 

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